Studiare il verbo sanscrito: da dove si inizia?

Può sembrare brutto, può sembrare noioso, ma il metodo migliore per studiare il verbo sanscrito, secondo me, è cominciare memorizzando — senza paura e con entusiasmo — le terminazioni cosiddette primarie e le terminazioni cosiddette secondarie.
Tanto in definitiva, quando si analizza una frase e si deve, come per ogni lingua indoeuropea antica, partire dal verbo, è la terminazione che dobbiamo riconoscere, è quel “pezzettino lì” a dirci: “Hei! Guarda che è questo il verbo: parti da qui!”.
E siccome la sintassi del sanscrito è molto semplice (quasi non esistono le proposizioni dipendenti!) trovare e analizzare il verbo è non solo necessario, è decisamente il faro illuminante di qualunque tentativo di traduzione.
E sono poi così brutte e cattive le terminazioni primarie e secondarie?
No, secondo me no, anzi io le trovo belle, e rilassanti da recitare!
Eccole (si parte dalla terza singolare, e si recita singolare, duale e plurale; dove trovate due opzioni separate da /, ci si riferisce alle classi tematiche e alle classi atematiche, cioè a quelle classi che formano il tema del presente in a — la I, la IV, la VI e la X — e le classi che formano il tema del presente non in a — la II, la III, la V, la VII, l’VIII e la IX; ma questa è un’altra faccenda, è una faccenda di temi: le terminazioni sono sempre queste, e ripeto è dalla terminazione che si parte per capire che siamo di fronte a un verbo, non dal tema).
Eccole dunque, le terminazioni verbali del sanscrito da cui partire per studiare il verbo sanscrito, senza paura e con successo!
Primarie parasmaipada:
ti, taḥ, nti/anti
si, thaḥ, tha
mi, vaḥ, maḥ
Primarie ātmanepada:
te, ete/āte, nte/ate
se, ethe/āthe, dhve
e, vahe, mahe
Secondarie parasmaipada:
t, tām, an
ḥ, tam, ta
m/am, va, ma
Secondarie ātmanepada:
ta, etām/ātām, nta/ata
thāḥ, ethām/āthām, dhvam
i, vahi, mahi
(E l’idea è: una volta memorizzate queste terminazioni, quelle che poi non sono in questo set, le si impareranno dicendo, per esempio, “Ah, vedi? L’ottativo utilizza tutte le terminazioni secondarie — quindi no problem — tranne la terza plurale parasmaipada dove mette -uḥ e non -an, la prima singolare ātmanepada dove mette -a e non -i, e la terza plurale ātmanepada dove mette -ran e non -ata. Che bellezza: in pratica so anche l’ottativo!” — e intanto si rafforzano le terminazioni secondarie “standard”. Discorso diverso per il perfetto, che ha terminazioni proprie: ma, diciamocelo, il perfetto si utilizza praticamente solo alle terze persone, e il suo procedimento tematico è talmente peculiare — lui raddoppia — che lo si riconosce subito!).

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