Sanscrito fra incanto, linguistica e cultura

Da un lato, studiando sanscrito, ci si ritrova incantati a sentire, come fosse la prima volta dopo un infinito silenzio, l’effetto fisico del suono di ogni lettera che si pronuncia.

D’altro lato s’impara, di ogni lettera, ogni suo aspetto: la purezza labiale di una u e quella palatale di una i, lo schiocco nella gola di una k e nelle labbra di una p, e la chiusura più macchinosa, sul palato, di una c e, sugli alveoli dentali, di una t; il vento sordo di una s e la dolce profondità gutturale di una h.

Quando poi si rileggono, in qualunque lingua, versi da sempre amati, si percepisce con maggiore chiarezza, e incanto, il tappeto di suoni che il poeta ha saputo intessere per dispiegare le sue immagini.

Studiando le radici verbali, i suffissi, i prefissi e le terminazioni del sanscrito, e ritrovando tutto ciò, in buona parte, anche nelle lingue europee a partire dall’italiano, si scopre che la vita e la storia delle parole è di fatto in gran parte autonoma rispetto a quella degli uomini (popoli che non si sono mai incrociati, ma che parlano lingue della stessa famiglia linguistica, usano parole, metafore, e intere strutture grammaticali e sintattiche, incredibilmente simili, con significati e impieghi del tutto paralleli).

Si riflette così al fatto che le parole, e le metafore su di esse incentrate, non sono fisiologicamente determinate, come i sensi o le funzioni bio-meccaniche (vedere, sentire, prendere, camminare, produrre suoni, ecc.), ma sono un qualcosa di esterno all’uomo, che ogni uomo, nascendo in una determinata comunità di parlanti, deve acquisire e si deve impegnare a preservare: le parole assomigliano piuttosto a una sorta di fauna, e anche di flora, che noi dobbiamo far attecchire e coltivare nella nostra dimensione interiore, flora e fauna che a loro volta determinano in gran parte la ricchezza e la produttività della medesima dimensione interiore.

Parole, suono, emotività, storia, innovazione, continuità, rottura: tutto questo continuamente si amalgama, e continuamente riaffiora, nelle nostre lingue.

Ogni parola in italiano o in inglese o in tedesco, o in una qualunque delle lingue indoeuropee, apparirà come più o meno vicina a una radice indoeuropea, o come più o meno prodotta nell’ambito specifico di quella lingua, o come più o meno articolata a livello morfologico, o come più o meno connessa con altre parole della stessa lingua, o di un’altra lingua: le parole sono animali che vivono in branco, che possono eliminarsi o convivere, che occupano habitat diversi fra loro, che possono estinguersi.

Nel portare avanti lo studio del sanscrito, ogni passo fatto comporta, al di fuori del sanscrito, una maggiore coscienza linguistica — un vero salto di qualità per la crescita culturale complessiva — e una maggiore capacità di lettura e interpretazione di qualunque testo scritto, dall’email di lavoro al grande classico della letteratura.

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