Pronunciare il sanscrito: l’alfabeto, la trascrizione (Harvard-Kyoto e coi diacritici) e la pronuncia delle parole

Il sanscrito è l’unica lingua antica di cui conosciamo con esattezza la pronuncia, grazie a dettagliate descrizioni della stessa, che troviamo in fonti antiche (sicuramente risalenti a qualche seolo a. C.: quanti esattamente, è difficile dirlo).
Pronunciare correttamente il sanscrito è estremamente facile: magari si potessero pronunciare con la stessa facilità l’inglese o il francese!
E’ fondamentale, per dotarsi di una corretta pronuncia del sanscrito, prima di tutto praticare tutte le lettere dell’alfabeto, e farlo rigorosamente ad alta voce, e quando si sono acquisiti tutti i suoni del sanscrito (come fossero i suoni di uno strumento) passare a pronunciare le singole parole, e infine praticare la lettura di frasi. Continua a leggere

La grammatica di base: in quanto tempo, e con quali prospettive?

Ci vuole un certo ritmo, un certo passo, una volta che si comincia a studiare la grammatica di base del sanscrito, poiché la mente, cioè l’organo adibito ad impararla, è un po’ come uno stomaco: quando assaggia un cibo nuovo, ci impiega un po’ a prenderci gusto, diventando però, a forza di mangiarlo, sempre più capace e veloce ad assimilarlo.

In generale lo studio, come anche la lettura di poesie e di romanzi, è, per la mente, il cibo qualitativamente migliore, quello che più di ogni altro giova al suo sviluppo, rendendola più potente e raffinata. Continua a leggere

Studiare sanscrito: metodo e benefici

Quando insegno sanscrito ai miei allievi, non do nulla per scontato: raccomando loro di crearsi uno spazio, fisico e mentale, adatto allo studio, di munirsi di fogli e di che scrivere, di restare il più possibile concentrati quando studiano, cercando di evitare interruzioni e distrazioni, di fare gli esercizi che assegno nel modo giusto (cioè dopo aver studiato le dispense e svolgendoli “a dispense chiuse”), di cogliere con entusiasmo i progressi, di condividere, per stemperarle e affrontarle, le frustrazioni che si incontrano lungo il percorso. Continua a leggere

E’ uscita la mia traduzione!

Tradurre il Saudarananda di Aśvaghoṣa, o “La Storia di Nanda” (uscito in questi giorni edito da Marietti Nanda), non è stato affatto facile e mi ha preso moltissimo tempo. Pur non essendo scritto in un sanscrito particolarmente complicato e pur avendo una trama semplice e perfettamente delineata, il testo è non di rado di diffile interpretazione Continua a leggere

La Pārvatī di Kālidāsa fra ascesi e erotismo

Kālidāsa nel capitolo V del suo famoso Kumārasambhava, o “La Nascita del Principe”, ci racconta la storia di come Pārvatī, dopo aver visto clamorosamente fallire l’effetto della sua bellezza su Śiva, decide di dedicarsi ad un’ascesi talmente intensa da acquisire quel potere su di lui che la sua pur straordinaria bellezza non le aveva dato: si dedica cioè all’ascesi non — come solitamente avviene — per ottenere la liberazione, ma per ottenere un marito.
Insomma, Pārvatī si dedica all’ascesi per amore! Continua a leggere

Śūrpanakhā kāmamohitā: l’amore di Śūrpanakhā (Rāmāyaṇa, III, 16-17)

Śūrpanakhā, a livello narrativo, è una figura fondamentale nel Rāmāyaṇa di Valmīki.
Si tratta di un’orchessa, una rakṣasī, una divoratrice di uomini, sorella del capo dei capi dei demoni, Rāvaṇa, quel demone sovrano dell’isola di Lanka, che, incitato dalla stessa Śūrpanakhā, rapirà Sītā sottraendola a Rāma.
Il fatto è che Śūrpanakhā si innamora di Rāma, quando lo vede, durante una delle sue solite scorribande nella foresta alla ricerca di uomini da sbranare, quando lo vede splendido, seduto a raccontarsi storie con Sītā e Lakṣmaṇa, sua moglie e suo fratello. Continua a leggere

Dall’arthaśāstra di Kauṭilya: lo svadharma

L’arthaśāstra di Kauṭilya è un testo molto importante e interessante. In uno stile sintetico, spesso quasi lapidario, Kauṭilya descrive, in questo testo sicuramente antico ma di datazione incerta (si oscilla dal III a.C. al III d.C.), lo stato ideale, con particolare attenzione alla figura del re e dei ministri, all’economia, alla giustizia e alla politica estera (guerra, difesa, strategie espansive).
Nel passo tradotto di seguito (1.3.5-1.3.13) si affronta il tema dello svadharma o dei compiti specifici dei diversi “gruppi sociali” (varṇa) e delle diverse “condizioni di vita” (āśrama). Continua a leggere

Studiare il verbo sanscrito: da dove si inizia?

Può sembrare brutto, può sembrare noioso, ma il metodo migliore per studiare il verbo sanscrito, secondo me, è cominciare memorizzando — senza paura e con entusiasmo — le terminazioni cosiddette primarie e le terminazioni cosiddette secondarie.
Tanto in definitiva, quando si analizza una frase e si deve, come per ogni lingua indoeuropea antica, partire dal verbo, è la terminazione che dobbiamo riconoscere, è quel “pezzettino lì” a dirci: “Hei! Guarda che è questo il verbo: parti da qui!”. Continua a leggere

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Come si studia sanscrito con me?

E’ inutile, in effetti, negarlo: lo studio del sanscrito — o comunque lo studio del sanscrito in un’ottica di reale apprendimento — non è per tutti, e questo sostanzialmente per due motivi: il primo, perché non tutti hanno la voglia e la capacità di studiare grammatica (e il sanscrito è grammatica — credetemi — prima ancora di essere lingua) e il secondo, perché non tutti hanno la voglia e la capacità (o forse è più che altro una questione di coraggio) di studiare con l’obiettivo di imparare a memoria (e la grammatica del sanscrito — di nuovo: credetemi — o la si sa a memoria, o non la si sa: non si può avere una vaga nozione della grammatica sanscrita, o meglio la si può avere, ma non serve a nulla di concreto). Continua a leggere