Studiare il verbo sanscrito: da dove si inizia?

Può sembrare brutto, può sembrare noioso, ma il metodo migliore per studiare il verbo sanscrito, secondo me, è cominciare memorizzando — senza paura e con entusiasmo — le terminazioni cosiddette primarie e le terminazioni cosiddette secondarie.
Tanto in definitiva, quando si analizza una frase e si deve, come per ogni lingua indoeuropea antica, partire dal verbo, è la terminazione che dobbiamo riconoscere, è quel “pezzettino lì” a dirci: “Hei! Guarda che è questo il verbo: parti da qui!”. Continua a leggere

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Come si studia sanscrito con me?

E’ inutile, in effetti, negarlo: lo studio del sanscrito — o comunque lo studio del sanscrito in un’ottica di reale apprendimento — non è per tutti, e questo sostanzialmente per due motivi: il primo, perché non tutti hanno la voglia e la capacità di studiare grammatica (e il sanscrito è grammatica — credetemi — prima ancora di essere lingua) e il secondo, perché non tutti hanno la voglia e la capacità (o forse è più che altro una questione di coraggio) di studiare con l’obiettivo di imparare a memoria (e la grammatica del sanscrito — di nuovo: credetemi — o la si sa a memoria, o non la si sa: non si può avere una vaga nozione della grammatica sanscrita, o meglio la si può avere, ma non serve a nulla di concreto). Continua a leggere

Mantharā: è poi così cattiva?

Un’importante personaggio del Rāmāyaṇa è Mantharā, la famosa serva gobba di Kaikeyī, la moglie giovane del vecchio re Dasharatha, padre di Rama. Mantharā è importante nella trama del Rāmāyaṇa, perché è lei che convince la regina Kaikeyī a costringere il re Daśaratha a mandare Rāma (l’eroe dell’opera, incarnazione di Viṣṇu) — il primogenito di Daśaratha, avuto da un’altra moglie, Kausalyā — in esilio nella foresta per 14 anni, e consacrare re suo figlio, Bharata (fratellastro di Rāma e anch’egli, a dirla tutta, incarnazione di Viṣṇu). Continua a leggere

Dal Mahābhārata: l’episodio della maledizione di Pāṇḍu

L’episodio della maledizione del cervo a Pāṇḍu ci racconta il motivo dell’impossibilità di Pāṇḍu di avere figli, fatto narrativamente cruciale perché è alla base dell’origine divina, da parte di padre, dei “figli” di Pāṇḍu, i cinque Pāṇḍava protagonisti del Mahābhārata.
Da notare in questo passo, oltre al ritmo incalzante del dialogo fra Pāṇḍu e il cervo morente, e all’atmosfera mitologica, sono: Continua a leggere

Il passaggio dai bhāva ai rasa in Bharata: uno sguardo alla teoria dei guṇa o “qualità”

Secondo Bharata esistono otto sthāyibhāva o “emozioni di base condivise da tutti gli esseri umani”, i.e. 1) rati “passione d’amore”, 2) hāsa “ilarità”, 3) śoka “dolore”, 4) krodha “ira”, 5) utsāha “forza morale”, 6) bhaya “paura”, 7) jugupsā “disgusto” e 8) vismaya “stupore”, emozioni di base che sono in un certo senso la materia prima di ogni performance teatrale (e della nostra stessa esistenza). Continua a leggere

Mahābhārata: I Pandava e i Kaurava, cugini come esattamente?

Per farsi un’idea di cosa sia il Mahabharata, oltre e più che pensare all’epica (per esempio all’Iliade, all’Odissea o all’Eneide) bisogna anche immaginare una specie di immensa enciclopedia di tutti i possibili comportamenti umani presentati in infinite storie, enciclopedia scritta in un sanscrito semplice ma mai banale nell’arco di svariati secoli fra il II a.C. e il II d.C. con parecchie aggiunte e rimaneggiamenti successivi. Continua a leggere

Sanscrito fra incanto, linguistica e cultura

Da un lato, studiando sanscrito, ci si ritrova incantati a sentire, come fosse la prima volta dopo un infinito silenzio, l’effetto fisico del suono di ogni lettera che si pronuncia.

D’altro lato s’impara, di ogni lettera, ogni suo aspetto: la purezza labiale di una u e quella palatale di una i, lo schiocco nella gola di una k e nelle labbra di una p, e la chiusura più macchinosa, sul palato, di una c e, sugli alveoli dentali, di una t; il vento sordo di una s e la dolce profondità gutturale di una h.

Quando poi si rileggono, in qualunque lingua, versi da sempre amati, si percepisce con maggiore chiarezza, e incanto, il tappeto di suoni che il poeta ha saputo intessere per dispiegare le sue immagini. Continua a leggere

Corso di sanscrito a Milano: si parte a novembre!

Forse qualcuno si sarà detto: “Hei! Ma non doveva partire ad ottobre il corso di sanscrito per principianti aperto a tutti, a Milano?” In effetti ho avuto qualche difficoltà a trovare una sede adeguata: ma per fortuna ora abbiamo chi ci ospiterà (evviva!), ovvero l’Atelier Fantasia ubicato in Viale Umbria 36 20137 a Milano (filobus 90/91/92; tram 16; metro Lodi, linea gialla): quindi sono pronto a partire, anzi, non vedo l’ora! Continua a leggere

Le 64 arti del kAmasUtra

La fama di libro pseudo-pornografico che avvolge il kAmasUtra e che, in definitiva, lo ha reso tanto famoso in Occidente (almeno il titolo), è in verità ben poco fondata. L’intento complessivo del kAmasUtra, secondo quanto viene esplicitamente dichiarato all’inizio dell’opera, è quello di riassumere le conoscenze principali che la riflessione sulla dimensione edonistico-erotica dell’esistenza umana, perseguita sin da tempo immemorabile, aveva messo in luce. Continua a leggere

Inno al Signore supremo

1. O signore dell’universo, o signore dell’intelligenza, o signore dell’esistenza, o sovrano, o signore supremo, o superiore al superiore, o puro, o padre, o salvatore delle genti! Salva chi è afflitto, spezzato, caduto, senza più forza né intelligenza!

2. Salva chi è privo di qualità e devastato, chi è incapace a esserti devoto, chi ha perso l’amore per te, per te protettore, per te donatore! O salvatore delle genti, salva l’afflitto, avvolto dalla stupidità e dalla passione! Continua a leggere